IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento per incidente  di
 esecuzione  proposto  dalla difesa avv. C. Martinasso di Confalonieri
 Giancarlo, nato a Torino il 29 marzo 1962, residente in  Torino,  via
 Palma di Cesniola n. 36, con ricorso in data 21 aprile 1993.
                     OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
    In  data  21  aprile  1993  il difensore di Confalonieri Giancarlo
 presentava istanza di incidente di  esecuzione  del  procedimento  n.
 8369/1992  r.g.  p.m.  e  n. 7207/1992 r.g. g.i.p. osservando che "il
 signor Confalonieri veniva ammesso al patrocinio a spese dello  Stato
 ex  legge  n.  217/1990;  che  successivamente  a  tale ammissione il
 sottoscritto  veniva  regolarmente  liquidato;  che  non  interveniva
 successivamente   un  provvedimento  di  revoca,  di  modifica  o  di
 cessazione  degli  effetti;  che,  in  data  2  aprile  1993,  veniva
 notificato  al  signor  Confalonieri  un atto di precetto con cui gli
 veniva intimato il pagamento della somma di L. 576.430 comprensiva di
 L. 74.000 per la scelta del rito abbreviato e L. 484.000 quale  somma
 versata dall'Erario al difensore quale onorario liquidato con decreto
 dal g.i.p. di Torino".
    In  base  alla  considerazione che "l'atto di precetto vanifica il
 decreto di ammissione al patrocinio alle spese dello Stato;  che  non
 vi e' nessuna norma nella legge n. 217/1990 che autorizzi il campione
 penale   a   richiedere   tali   spese"   chiedeva   che  il  giudice
 dell'esecuzione provvedesse " ex art. 695 del c.p.p." in ordine  alla
 richiesta di pagamento fatta al sig. Confalonieri.
    Veniva  fissato  incidente  di  esecuzione avente oggetto "esonero
 parziale pagamento spese gratuito patrocinio" relativo alla  sentenza
 n.  1484 del 7 ottobre 1927 emessa in sede di giudizio abbreviato dal
 g.i.p. presso la pretura di Torino.
    Il  19  maggio  1993  la   difesa   instava   per   l'accoglimento
 dell'incidente ed il p.m. chiedeva l'accoglimento del ricorso.
    Il  g.i.p.  sollevava  incidente  di costituzionalita', dichiarato
 inammissibile nei termini proposti,  con  provvedimento  della  Corte
 costituzionale 17 febbraio 1994.
    Veniva  fissata  nuova  udienza  per la discussione dell'incidente
 d'esecuzione per il 22 marzo 1994. In tale sede viene riesaminata  la
 questione  circa  l'esonero  parziale  dal  pagamento  delle spese di
 gratuito patrocinio ex art. 695 del c.p.p.
    La difesa insta per l'accoglimento del  ricorso,  il  p.m.  chiede
 venga respinto il ricorso.
    Il  g.i.p. ritiene che persista un contrasto della legge 30 luglio
 1990, n. 217, con la normativa costituzionale e che la risoluzione di
 tale contrasto debba essere demandato ad una  pronuncia  della  Corte
 costituzionale  osservando: il signor Confalonieri risulta ammesso al
 gratuito patrocinio con ordinanza del 31 marzo 1993 e non risulta che
 la stessa sia stata modificata o revocata.
    In  forza  dell'art. 535 del c.p.p. la cancelleria ha ritenuto che
 la normativa sul patrocinio dei non abbienti non abbia esonerato  dal
 recupero delle "spese di procedimento" nei confronti dei beneficiari.
 Ha,  pertanto, inviato atto di precetto, intimando il pagamento della
 somma  di  L.  576.430  relative  a  "spese  anticipate   dall'Erario
 recuperabili  per  intero":  Avvocato n. 4989 del 14 dicembre 1992 L.
 484.000; bollo L. 15.000; notifica L.  3.430  per  un  totale  di  L.
 502.430  piu'  spese recuperabili in misura fissa di L. 74.000 per un
 totale complessivo di L. 576.430. Tutto questo in considerazione  del
 fatto  che le condizioni di insolvibilita' verranno accertate in sede
 di appuramento della partita di campione penale  ai  sensi  dell'art.
 693 del c.p.p. e dell'art. 253 del r.d. 23 dicembre 1965, n. 2701.
    I  punti  della questione appaiono complessi, in quanto si possono
 distinguere le c.d. spese processuali (nel caso L. 74.000 per il rito
 abbreviato)  dalle  spese  anticipate  dall'Erario  per   la   difesa
 dell'ammesso al patrocinio (L. 502.430). Questi due capitoli di spesa
 non  appaiono discendere dalla stessa fonte. D'altro canto vi e', per
 la cancelleria, l'obbligo all'azione di recupero in conformita' degli
 artt. 530 e 691 del c.p.p. Occorre, percio', stabilire se non vi  sia
 un  contrasto  fra  la  normativa  generale  prevista  dal  codice di
 procedura penale per il recupero delle  spese  e  quanto  attualmente
 stabilito   dalla   normativa   specifica  sul  gratuito  patrocinio.
 Successivamente, si dovra' stabilire se l'interpretazione  risultante
 dalla  lettura  comparata  dell'attuale  normativa vigente non sia in
 contrasto con i principi costituzionali.  La  risoluzione  di  questi
 quesiti  appare preliminare e necessaria per poter risolvere in senso
 positivo o negativo l'incidente di esecuzione proposto.
    La legge 30 luglio 1990, n. 217, ha riordinato, in materia penale,
 il gratuito patrocinio dello Stato per i non abbienti  gia'  previsto
 dal  r.d.  sul  gratuito  patrocinio del 30 dicembre 1923, n. 3282, e
 legge n. 533 dell'11 agosto 1973.
    Si tratta di una normativa che  si  riferisce  in  particolare  al
 procedimento  penale  e  penale  militare  ed  ai procedimenti civili
 connessi, quali risarcimento dei danni o restituzioni, fatti in  sede
 civile  come  conseguenza  di  reato. Viene ad integrare il primitivo
 r.d. sul gratuito patrocinio del 30 dicembre 1923, n.  3282,  che  si
 riferiva  in  prima  istanza alle cause civili, commerciali o d'altra
 giurisdizione, contenziosa, agli affari di  volontaria  giurisdizione
 ed anche ai giudizi penali. Si deve peraltro ritenere che il r.d. sia
 attualmente  abrogato, per la parte novellata dalla legge n. 217, che
 ha disciplinato  diversamente  la  materia  penale  e  connessa  alla
 penale.
    Occorre  verificare  se  le  premesse  che  hanno portato alle due
 normative in sintonia fra di loro, per poter stabilire  che  cosa  in
 concreto  si  intende  per  gratuito  patrocinio  e  se  la normativa
 risultante sia in linea con i principi costituzionali di  uguaglianza
 (art. 3) e del diritto di difesa (art. 24, terzo comma).
    Volendo partire dalle origini, si puo' affermare che il patrocinio
 era  visto  come  istituito afferente la giustizia civile ed affidato
 alla sensibilita' della corporazione degli avvocati, i quali dovevano
 assicurare, anche  ai  poveri,  una  difesa.  La  qualifica  di  tale
 istituto   come  onorifica  ed  affidata  all'ordine  degli  Avvocati
 traspare dall'art. 1 del r.d. n. 3282 che afferma come "il patrocinio
 gratuito dei poveri e' un ufficio  onorifico  ed  obbligatorio  della
 classe  degli avvocati e procuratori". Sembra chiaro che la normativa
 ha  voluto  sancire  un  onere  dell'ordine  forense,   su   cui   la
 Magistratura  aveva  il  dovere  di  vigilare  "perche'  le cause dei
 poveri" fossero "diligentemente trattate"  (art.  4).  Vediamo  quali
 erano  in  sintesi gli effetti principali dell'ammissione per il r.d.
 n. 3282: intanto la difesa gratuita da parte  del  patrono  nominato,
 che  appare  un  evidente  onere per l'ordine forense, temperato solo
 dalla possibilita' di  ripetizione  degli  onorari  alla  controparte
 condannata nelle spese nelle cause civili e nelle penali ove vi fosse
 costituzione  di parte civile; poi l'annotazione a debito delle tasse
 di registro e l'uso di carte non bollate; spedizione di  copie  senza
 diritti  o  tasse;  notai e periti dovevano prestare gratuitamente la
 loro opera, con la possibilita'  tuttavia  di  ripetere  dalla  parte
 condannata  alle  spese  o  anche  dalla  stessa  ammessa al gratuito
 patrocinio  le  stesse,  "qualora  per  vittoria  di  causa  o  altre
 circostanze venisse a cessare in essa lo stato di poverta'".
    Nella sostanza si parla sempre di un'anticipazione dello Stato per
 talune  spese,  un esonero per taluni diritti, mentre si tratta di un
 onere di difesa che grava su tutte le altre  parti  interessate  alla
 causa fra cui anche avvocati, notai e periti.
    Come  afferma  l'art. 16 "sotto il nome di poverta' non si intende
 la nullatenenza, ma uno stato in cui il ricorrente non sia  in  grado
 di sopperire alle spese della lite".
    Sia  pur espressa in termini strettamente civilistici, si dichiara
 la volonta' di permettere a tutti di adire le vie legali e far valere
 le proprie ragioni.
    Una condizione prevista appositamente dall'art. 34 e' il fumus  di
 ragione  che la parte deve avere, al fine di ottenere il patrocinio e
 continuare nell'azione, ove si afferma che  "l'assunto  della  parte"
 deve apparire "fondato in ragione".
    Presupposto  di  fondo  dell'ammissione  e'  che  la  parte  abbia
 pertanto ragione, tant'e' che  lo  Stato  stesso  incamerera'  quanto
 ottenuto  dalla  condanna  alle spese della parte avversa e lo stesso
 ammesso al patrocinio, "in condizioni di poter  restituire  le  spese
 erogate", "sara' in dovere di adempiere a tale rivalsa".
    Lo  Stato  pertanto  appare voler solo consentire l'adizione della
 giustizia senza rinunciare alla sua pretesa di  rimborso  per  quanto
 anticipato.  Ne  e'  conferma  l'art. 36 che prevede una procedura di
 annotazione a debito per procedere successivamente al recupero  delle
 spese  e  l'art.  37  che  prevede espressamente il recupero in danno
 dell'ammesso al gratuito patrocinio "per tutte le tasse ed i  diritti
 ripetibili",   quando   questi  "per  sentenza  o  transazione  abbia
 conseguito almeno il sestuplo delle tasse e diritti" e, "quanto  alle
 spese  anticipate dall'erario, il povero sara' tenuto a rimborsare in
 ogni caso con la somma o valore conseguito qualunque esso sia".
    L'ultimo comma dell'art. 37 precisa poi,  parrebbe  per  tutte  le
 ipotesi,  quindi  anche  quelle di soccombenza, "restano in ogni caso
 ferme  le  norme  contenute  nei  commi  precedenti  per  l'esercizio
 dell'azione  di  recupero  contro  il  povero".  Lo  Stato si riserva
 pertanto di agire civilmente  per  il  recupero  contro  il  "povero"
 secondo la vigente normativa, attraverso la procedura dell'iscrizione
 a  debito  anche  degli onorari ed indennita', ivi iscritte a domanda
 del patrocinante.
    Questa  normativa,  se  pur  era  riferita  anche  al procedimento
 penale, non poteva in effetti esservi  applicata  con  efficacia.  Il
 principio  di difesa obbligatoria era gia' ostacolato dallo stabilire
 quella probabilita' di vittoria che la  normativa  sottintendeva  per
 offrire  il  patrocinio.  Prima  della  legge  del  1990,  la  difesa
 d'ufficio era per lo piu', solo formale, in  quanto  affidata  ancora
 come  onere  all'ordine degli avvocati che nulla ne ricavavano se non
 prestigio, essendo un obbligo piu' morale che  giuridico,  quello  di
 difendere con la massima solerzia.
    In   un  sistema  processuale  nuovo,  di  tipo  accusatorio,  era
 necessario   adeguare   l'istituto   a   criteri   che   garantissero
 l'effettivita'  della difesa per i non abbienti. Si e' pertanto tolta
 ogni discrezionalita' di nomina affidata al pubblico ministero con la
 determinazione di accordi selettivi fra il consiglio dell'ordine e la
 magistratura per la nomina del difensore d'ufficio. Da quanto  emerge
 a  riguardo  dalla relazione al progetto preliminare del nuovo codice
 di procedura penale in materia, la questione di fondo era  assicurare
 la  possibilita'  a  tutti  di  una  difesa puntuale ed efficace. Per
 questo motivo  e'  stata  prevista  una  retribuzione  anche  per  il
 difensore  d'ufficio  secondo  questo  canone  di  base:  "in caso di
 assoluzione l'ammontare sia posto a carico dello Stato, se l'imputato
 si trova nelle condizioni per essere ammesso al  patrocinio  dei  non
 abbienti;  che in caso di condanna sia posto a carico del condannato;
 che, se l'obbligato non adempie, l'ammontare degli importi  stabilito
 dal  giudice  costituisce onere deducibile dal reddito professionale"
 (Relazione al progetto preliminare al c.p.p., 45).
    Esaminando la relazione  al  nuovo  codice,  si  possono  reperire
 alcuni  punti  fermi  cui si trova vincolata la normativa relativa al
 difensore.
    L'istituto  della  difesa  d'ufficio  e'  basato  su  criteri   di
 effettivita';   pertanto   anche  la  difesa  d'ufficio  deve  essere
 retribuita.
    I  singoli   ordini   forensi   sono   impegnati   ad   esercitare
 istituzionalmente la tutela della funzione difensiva. Pertanto non si
 tratta soltanto di un onere, ma di un dovere dell'ordine forense.
    Il patrocinio dei non abbienti e' "un istituto assunto a connotato
 specifico  del  diritto  di  azione  e  di difesa dell'art. 24, terzo
 comma, della Costituzione" e deve essere particolarmente garantito.
    Dal tenore della relazione appare evidente che il  patrocinio  dei
 non  abbienti e' inteso nel senso di consentire una difesa che sia in
 linea con le esigenze del nuovo processo di parti, della sua dinamica
 e dei corrispondenti nuovi contenuti  della  funzione  difensiva.  Lo
 Stato,  con  la  normativa specifica, intende consentire pari mezzi e
 opportunita'  a  tutti  coloro  che  debbano  rispondere  penalmente,
 pertanto   l'ammesso  al  gratuito  patrocinio  potra'  nominarsi  il
 difensore fiduciario.
    Tuttavia  occorre  osservare  che,  nella  relazione,  dopo   aver
 demandato  ad una norma di attuazione la determinazione degli onorari
 e spese della difesa d'ufficio, testalmente, come gia' ricordato,  si
 distingue  il  caso di assoluzione da quello di condanna. Solo per la
 prima ipotesi si afferma  "siano  posti  a  carico  dello  Stato,  se
 l'imputato  si trova nella condizione di essere ammesso al patrocinio
 dei non abbienti, mentre nel caso di condanna non appare l'inciso "se
 ammesso al patrocinio dei non abbienti", ma si ribadisce solo che  le
 spese e onorari "siano posti a carico del condannato".
    Si  puo'  inoltre  osservare che non si utilizza mai in materia la
 parola "gratuito" ma solo "patrocinio dei non abbienti".
    Da queste affermazioni  non  apparirebbe  modificato,  per  quanto
 riguarda  il giudizio penale, quanto gia' stabilito in linea generale
 dal d.l. n. 3282, circa le motivazioni di fondo del  patrocinio  dei
 non  abbienti.  Lo  Stato  anticipa  le  spese  per i non abbienti ed
 assicura un difensore che, in quanto in ogni caso  retribuito,  sara'
 puntuale  nella  difesa. Tuttavia lo Stato intende solo anticipare le
 spese, conservandosi la possibilita' di richiedere le spese  anche  a
 colui  che  e'  stato  ammesso  al  gratuito  patrocinio  nel caso di
 condanna, secondo i principi generali vigenti in materia. Tale  linea
 non  appare  in  contrasto col diritto di difesa, inteso nel senso di
 offrire pari  opportunita'  ed  efficacia  di  difesa  anche  ai  non
 abbienti  in  quanto  si  assicura  la  difesa  per tutte le fasi del
 giudizio, lasciando poi ad altra sede idonea, secondo il procedimento
 civile di recupero dei crediti,  la  possibilita'  di  richiedere  al
 condannato   il  rimborso  di  quanto  anticipato.  Come  ricorda  la
 Cassazione nella sentenza 23 giugno 1976, n.  10722  "il  diritto  di
 difesa  dell'imputato  e' garantito dalla nomina, anche d'ufficio o a
 seguito di ammissione al gratuito patrocinio, di un difensore e dalla
 sua partecipazione, nei modi e  termini  di  legge  allo  svolgimento
 delle attivita' processuali".
    Pertanto  non  e'  esatto ritenere che "la Costituzione affermi il
 rigoroso principio della gratuita' della difesa  penale",  mentre  e'
 vero  che  "tutela la possibilita' di agire e difendersi in giudizio"
 per  i  non  abbienti  a  mezzo  di  appositi  istituti,  infatti  le
 disposizioni  "rispettano  i  diritti  dei non abbienti con la parola
 della prenotazione a debito .. per gli imputati ammessi  al  gratuito
 patrocinio" (Cass. 18 maggio 1957, n. 4).
    Analoga  decisione  e'  stata  emessa  di recente dalla Cassazione
 (sent. 6071 del 4 giugno 1991) che ha affermato come l'art. 24  della
 Costituzione  "garantisce  a tutti la difesa come diritto inviolabile
 in ogni stato e grado del procedimento, ma assicura, soltanto ai  non
 abbienti,   i   mezzi   per   agire  e  difendersi  davanti  ad  ogni
 giurisdizione".
    Pertanto, il patrocinio  a  spese  dello  Stato  assicura  la  non
 onerosita'  di  tutta  la  difesa  nel  corso  di  tutti  i gradi del
 procedimento attraverso le forme stabilite dall'art. 4 della legge n.
 217 del 1990: annotazione  a  debito;  rilascio  gratuito  di  copie,
 anticipazione delle spese di difesa; esenzione dall'imposta di bollo.
 Gli effetti del beneficio decadono in caso di nomina fiduciaria di un
 secondo  difensore  e, nel corso del procedimento, ai sensi dell'art.
 10, in caso  di  revoca  o  modifica.  Queste  ultime  possono  esser
 richieste  dall'Intendenza fino a cinque anni dopo la definizione del
 procedimento.
    A questo punto  occorre  stabilire  se  lo  Stato,  con  l'attuale
 procedura  del  patrocinio, abbia inteso rinunciare, in ogni caso, al
 recupero delle spese e se in tal senso vada inteso l'art.  24,  terzo
 comma,  della  Costituzione o se sia tuttora in vigore la distinzione
 fra sentenza di condanna e di proscioglimento  regolata  dagli  artt.
 479  e 488 del c.p.p. abrog. e dagli artt. 533 e 530 del nuovo c.p.p.
 Il codice stabilisce che il recupero  delle  spese  anticipate  dallo
 Stato si attua con le forme stabilite dalle leggi e regolamenti (art.
 181  delle  disp. attuaz. del c.p.p.). Compete al cancelliere formare
 la  parcella  o  nota  spese.  E'  sempre  stata  affermata la natura
 giuridica  civilistica  della  parcella  e   la   giurisprudenza   ha
 sottolineato,  inoltre,  che tutte le vicende volte al recupero delle
 somme iscritte nel registro delle spese  di  giustizia  costituiscono
 elementi  di  un  procedimento a volte di carattere amministrativo, a
 volte di  carattere  giurisdizionale-civile,  mai  penale  (Cass.  15
 giugno  1983,  in  Cass. pen. 84, 1691). Il regolamento in materia di
 patrocinio gratuito (d.m. 3 novembre  1990,  n.  327)  stabilisce  le
 procedure  "per  il pagamento delle somme dovute ai soggetti indicati
 all'art. 12, primo comma, e per il recupero delle  medesime  e  delle
 spese  di  cui  al  precedente  art. 4, nei casi in cui e' previsto".
 Quest'ultimo  inciso  parrebbe  far  riferimento  a  quelle  leggi  e
 regolamenti preesistenti fra cui sono da ricomprendere le distinzioni
 fra  sentenze di condanna e di proscioglimento. Tuttavia, la mancanza
 di  un  esplicito  richiamo  nella  nuova  normativa   sul   gratuito
 patrocinio,  che  non  ribadisce la suddetta distinzione, da' adito a
 fraintendimenti. Ne deriva la  possibile  lesione  del  principio  di
 uguaglianza  fra  cittadini nel caso di equiparazione di colui che e'
 stato riconosciuto innocente a colui che invece e' stato riconosciuto
 colpevole, qualora nei confronti  di  quest'ultimo  fosse  negata  la
 possibilita'  per  lo  Stato  di  recuperare  quanto speso durante il
 giudizio in forza del concesso gratuito patrocinio.
    Parimenti si avrebbe  una  disparita'  di  trattamento  anche  fra
 condannati  per  lo  stesso  reato,  nel  caso  di  ammissione  o  no
 all'istituto solo di taluni di essi.
    A questo si aggiunge un grave pregiudizio per lo Stato,  che  deve
 sostenere  non  solo  l'onere delle spese di giustizia per coloro che
 vengano riconosciuti innocenti, ma anche per loro che hanno tenuto un
 comportamento antigiuridico e contrario alle finalita'  stesse  dello
 Stato.
    In  caso  di  gratuito  patrocinio  concesso,  lo Stato non ha mai
 inteso rinunciare ad esperire l'azione di rivalsa in caso di condanna
 anche per gli ammessi al patrocinio.
    Tale interpretazione non appare in contrasto con l'art. 24,  terzo
 comma,  della  Costituzione  in  quanto lo Stato si impegna a fornire
 esclusivamente la gratuita' dei  mezzi  per  consentire  a  tutti  di
 dimostrare la propria innocenza.
    Nell'ipotesi  di interpretazione nel senso che lo Stato si impegna
 a garantire la gratuita' anche nel caso di condanna  vi  sarebbe  una
 violazione  della norma per ultra attivita' della stessa. Pertanto la
 normativa sul gratuito patrocinio di cui alla  legge  n.  217/1990  e
 Regolamento  successivo  sarebbe  costituzionalmente  illegittima, in
 quanto andrebbe al di la' della previsione costituzionale dei diritti
 dei cittadini, creando una  disparita'  nei  diritti  di  difesa  dei
 singoli,  essendo  garantita  al non abbiente ammesso e condannato la
 gratuita'  non  solo  della  difesa,  ma  anche   delle   conseguenze
 patrimoniali derivanti dalla sua attivita' constatata illecita.
    L'art.  1 del regolamento, anche per la legge n. 217/1990, demanda
 alle disposizioni del regio decreto 23 dicembre 1865, n. 2701, per  i
 procedimenti  penali  e  n.  2700,  per  quelli  civili.  L'art. 3 e'
 suddiviso in tre commi. Il primo afferma che "il recupero delle somme
 prenotate a debito, nei casi in cui sia previsto, ha luogo  nei  modi
 stabiliti  dalla vigente normativa in materia di esazione dei crediti
 iscritti a campione penale e civile". Gli altri due commi  riguardano
 la  cessazione  degli  effetti  dell'ammissione  (comma  secondo e la
 modifica del provvedimento di ammissione comma terzo).
    Sembra chiara la distinzione di tre diverse ipotesi  di  recupero,
 fra  cui  la  prima  segue  le regole normative, da sempre in vigore,
 circa il  recupero  in  caso  di  condanna.  Le  altre  due  appaiono
 distinte, in quanto possono riguardare anche soggetti successivamente
 assolti,  poiche'  intervengono  in corso di causa. Gli effetti della
 revoca  e  della  modifica  del  gratuito  patrocinio,  pertanto,   a
 differenza della normale procedura di recupero, potranno anche essere
 in  danno  di  coloro  che  siano  successivamente  assolti.  Costoro
 dovranno retribuire il difensore di  fiducia  o  d'ufficio  nominato,
 secondo  quanto  prescrive  espressamente  l'art. 8 e potranno essere
 condannati alle spese, se rienuti colpevoli.
    La disciplina del gratuito patrocinio inerisce a  norme  che  sono
 rilevanti  in sede di incidente di esecuzione perche' proprio in tale
 sede, dopo l'ammissione durante il procedimento di  merito,  si  deve
 stabilire  se  e'  legittimo  richiedere  il  pagamento  delle  spese
 essendovi stata, come nel caso di specie, sentenza di condanna.
    Qualora si dovesse  ritenere  che,  anche  nel  caso  di  condanna
 l'Erario  debba  pagare  le  spese, sarebbe violato non solo l'art. 3
 come gia' precisato, ma anche l'art. 24, terzo comma,  in  quanto  la
 normativa  costituzionale vuole assicurare i mezzi della difesa e non
 anche il risultato positivo. Lo Stato infatti verrebbe sopportare  un
 indebito esborso per le attivita' antigiuridiche dei cittadini.
    Poiche'  la  mancata  chiarezza della nuova normativa, fa ritenere
 possibile,  da  parte  del  Giudice,  l'interpretazione  che  qui  si
 contesta  in  base  alla  lettura  sistematica  della  norma,  appare
 pertanto pregiudiziale alla decisione  sull'incidente  di  esecuzione
 stabilire  che  la lettura della nuova normativa e' in questi limiti,
 per non violare il principio di uguaglianza ed il diritto di  difesa,
 andando  al  di  la'  di  quanto la Costituzione garantisce con grave
 pregiudizio per lo Stato costretto ad un esborso indebito in caso  di
 condanna  dell'imputato a causa di un fraintendimento del concetto di
 diritto di difesa e di uguaglianza.
    La legge n. 217 del 1990 che titola "istituzione del patrocinio  a
 spese  dello  Stato  per  i non abbienti", se intesa nel senso che la
 legge, tranne i casi di revoca o modifica  del  provvedimento,  abbia
 voluto  accollare  sempre  allo  Stato  spese  e patrocinio per i non
 abbienti, verrebbe a ledere il principio  di  uguaglianza  per  ultra
 attivita'   del   principio   stesso,   in   tal   modo  riproponendo
 un'ineguaglianza fra istituzioni simili. Infatti  il  condannato  non
 ammesso  al gratuito patrocinio subirebbe un trattamento piu' gravoso
 e diverso rispetto al condannato, sempre  per  lo  stesso  reato,  ma
 ammesso   al  gratuito  patrocinio.  Si  avrebbe  in  definitiva  una
 disparita' acquisita attraverso l'ammissione all'istituto, specie sul
 piano patrimoniale.
    Il diritto di difesa  di  cui  all'art.  24,  terzo  comma,  della
 Costituzione   si  deve  intendere  come  possibilita'  di  "agire  e
 difendersi" nel corso  del  procedimento,  ma  non  anche  di  essere
 esonerati  in ogni caso da rimborsi successivi allo Stato o richieste
 in sede  civile  per  gli  ammessi  ad  usufruire  dell'Istituto,  in
 ossequio  al  principio  dell'effettivita'  del diritto di difesa. In
 caso di condanna la procedura  dovra'  pertanto  essere  di  recupero
 dalle  spese  anche  nei  confronti del non abbiente dichiarato tale;
 successivamente le condizioni di insolvibilita' verranno accertate in
 sede di appuramento della partita di campione penale.
    Pertanto   appare   pregiudiziale  alla  decisione  sull'incidente
 proposto stabilire se la  nuova  normativa  sul  gratuito  patrocinio
 abbia  inteso  affermare  che  il  non abbiente ammesso al patrocinio
 gratuito successivamente condannato non e'  tenuto  a  rimborsare  lo
 Stato,  sia  per  le  spese  di  giustizia,  sia  per  il  patrocinio
 difensivo.  Nel  caso  di  risposta   affermativa   appare   evidente
 l'illegittimita'  costituzionale  della  nuova normativa sul gratuito
 patrocinio la' dove non  prevede  espressamente  la  possibilita'  di
 richiesta  delle  spese in caso di condanna, in quanto violerebbe gli
 artt. 3 e 34 (3$) della Costituzione per  disparita'  di  trattamento
 fra  imputati  dichiarati  innocenti  e  colpevoli,  e fra gli stessi
 condannati per il medesimo fatto di reato. Anche  l'art.  24  sarebbe
 violato  in  quanto  la  normativa in tal caso prevederebbe per i non
 abbienti, non solo la dazione dei mezzi per difendersi, ma  anche  un
 indebito  vantaggio dipendente da una attivita' criminosa accertata e
 dichiarata tale dallo Stato stesso.
    Pertanto si ritiene non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della legge n. 217 del 30 luglio 1990 e
 regolamentato d.m. 3 novembre 1990, n. 327, in relazione  agli  artt.
 533  e  535  del  c.p.p.,  619 e 693 del c.p.p. per contrasto con gli
 artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione in  quanto  appare  una
 disparita' di trattamento fra imputati in quanto coloro che, attivata
 la  procedura del gratuito patrocinio, sono poi dichiarati colpevoli,
 avrebbero un trattamento migliore rispetto a chi senza aver  attivato
 tale procedura del patrocinio sia dichiarato colpevole o innocente.
    L'accollo  delle  spese  allo Stato, per una distorta applicazione
 del  diritto   di   difesa   offerto   ai   non   abbienti,   sarebbe
 indiscriminatamente  concesso, infatti, anche a coloro per i quali la
 pretesa punitiva dello Stato e' stata dichiarata sussistente.