IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento per incidente di esecuzione proposto dalla difesa avv. C. Martinasso di Confalonieri Giancarlo, nato a Torino il 29 marzo 1962, residente in Torino, via Palma di Cesniola n. 36, con ricorso in data 21 aprile 1993. OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO In data 21 aprile 1993 il difensore di Confalonieri Giancarlo presentava istanza di incidente di esecuzione del procedimento n. 8369/1992 r.g. p.m. e n. 7207/1992 r.g. g.i.p. osservando che "il signor Confalonieri veniva ammesso al patrocinio a spese dello Stato ex legge n. 217/1990; che successivamente a tale ammissione il sottoscritto veniva regolarmente liquidato; che non interveniva successivamente un provvedimento di revoca, di modifica o di cessazione degli effetti; che, in data 2 aprile 1993, veniva notificato al signor Confalonieri un atto di precetto con cui gli veniva intimato il pagamento della somma di L. 576.430 comprensiva di L. 74.000 per la scelta del rito abbreviato e L. 484.000 quale somma versata dall'Erario al difensore quale onorario liquidato con decreto dal g.i.p. di Torino". In base alla considerazione che "l'atto di precetto vanifica il decreto di ammissione al patrocinio alle spese dello Stato; che non vi e' nessuna norma nella legge n. 217/1990 che autorizzi il campione penale a richiedere tali spese" chiedeva che il giudice dell'esecuzione provvedesse " ex art. 695 del c.p.p." in ordine alla richiesta di pagamento fatta al sig. Confalonieri. Veniva fissato incidente di esecuzione avente oggetto "esonero parziale pagamento spese gratuito patrocinio" relativo alla sentenza n. 1484 del 7 ottobre 1927 emessa in sede di giudizio abbreviato dal g.i.p. presso la pretura di Torino. Il 19 maggio 1993 la difesa instava per l'accoglimento dell'incidente ed il p.m. chiedeva l'accoglimento del ricorso. Il g.i.p. sollevava incidente di costituzionalita', dichiarato inammissibile nei termini proposti, con provvedimento della Corte costituzionale 17 febbraio 1994. Veniva fissata nuova udienza per la discussione dell'incidente d'esecuzione per il 22 marzo 1994. In tale sede viene riesaminata la questione circa l'esonero parziale dal pagamento delle spese di gratuito patrocinio ex art. 695 del c.p.p. La difesa insta per l'accoglimento del ricorso, il p.m. chiede venga respinto il ricorso. Il g.i.p. ritiene che persista un contrasto della legge 30 luglio 1990, n. 217, con la normativa costituzionale e che la risoluzione di tale contrasto debba essere demandato ad una pronuncia della Corte costituzionale osservando: il signor Confalonieri risulta ammesso al gratuito patrocinio con ordinanza del 31 marzo 1993 e non risulta che la stessa sia stata modificata o revocata. In forza dell'art. 535 del c.p.p. la cancelleria ha ritenuto che la normativa sul patrocinio dei non abbienti non abbia esonerato dal recupero delle "spese di procedimento" nei confronti dei beneficiari. Ha, pertanto, inviato atto di precetto, intimando il pagamento della somma di L. 576.430 relative a "spese anticipate dall'Erario recuperabili per intero": Avvocato n. 4989 del 14 dicembre 1992 L. 484.000; bollo L. 15.000; notifica L. 3.430 per un totale di L. 502.430 piu' spese recuperabili in misura fissa di L. 74.000 per un totale complessivo di L. 576.430. Tutto questo in considerazione del fatto che le condizioni di insolvibilita' verranno accertate in sede di appuramento della partita di campione penale ai sensi dell'art. 693 del c.p.p. e dell'art. 253 del r.d. 23 dicembre 1965, n. 2701. I punti della questione appaiono complessi, in quanto si possono distinguere le c.d. spese processuali (nel caso L. 74.000 per il rito abbreviato) dalle spese anticipate dall'Erario per la difesa dell'ammesso al patrocinio (L. 502.430). Questi due capitoli di spesa non appaiono discendere dalla stessa fonte. D'altro canto vi e', per la cancelleria, l'obbligo all'azione di recupero in conformita' degli artt. 530 e 691 del c.p.p. Occorre, percio', stabilire se non vi sia un contrasto fra la normativa generale prevista dal codice di procedura penale per il recupero delle spese e quanto attualmente stabilito dalla normativa specifica sul gratuito patrocinio. Successivamente, si dovra' stabilire se l'interpretazione risultante dalla lettura comparata dell'attuale normativa vigente non sia in contrasto con i principi costituzionali. La risoluzione di questi quesiti appare preliminare e necessaria per poter risolvere in senso positivo o negativo l'incidente di esecuzione proposto. La legge 30 luglio 1990, n. 217, ha riordinato, in materia penale, il gratuito patrocinio dello Stato per i non abbienti gia' previsto dal r.d. sul gratuito patrocinio del 30 dicembre 1923, n. 3282, e legge n. 533 dell'11 agosto 1973. Si tratta di una normativa che si riferisce in particolare al procedimento penale e penale militare ed ai procedimenti civili connessi, quali risarcimento dei danni o restituzioni, fatti in sede civile come conseguenza di reato. Viene ad integrare il primitivo r.d. sul gratuito patrocinio del 30 dicembre 1923, n. 3282, che si riferiva in prima istanza alle cause civili, commerciali o d'altra giurisdizione, contenziosa, agli affari di volontaria giurisdizione ed anche ai giudizi penali. Si deve peraltro ritenere che il r.d. sia attualmente abrogato, per la parte novellata dalla legge n. 217, che ha disciplinato diversamente la materia penale e connessa alla penale. Occorre verificare se le premesse che hanno portato alle due normative in sintonia fra di loro, per poter stabilire che cosa in concreto si intende per gratuito patrocinio e se la normativa risultante sia in linea con i principi costituzionali di uguaglianza (art. 3) e del diritto di difesa (art. 24, terzo comma). Volendo partire dalle origini, si puo' affermare che il patrocinio era visto come istituito afferente la giustizia civile ed affidato alla sensibilita' della corporazione degli avvocati, i quali dovevano assicurare, anche ai poveri, una difesa. La qualifica di tale istituto come onorifica ed affidata all'ordine degli Avvocati traspare dall'art. 1 del r.d. n. 3282 che afferma come "il patrocinio gratuito dei poveri e' un ufficio onorifico ed obbligatorio della classe degli avvocati e procuratori". Sembra chiaro che la normativa ha voluto sancire un onere dell'ordine forense, su cui la Magistratura aveva il dovere di vigilare "perche' le cause dei poveri" fossero "diligentemente trattate" (art. 4). Vediamo quali erano in sintesi gli effetti principali dell'ammissione per il r.d. n. 3282: intanto la difesa gratuita da parte del patrono nominato, che appare un evidente onere per l'ordine forense, temperato solo dalla possibilita' di ripetizione degli onorari alla controparte condannata nelle spese nelle cause civili e nelle penali ove vi fosse costituzione di parte civile; poi l'annotazione a debito delle tasse di registro e l'uso di carte non bollate; spedizione di copie senza diritti o tasse; notai e periti dovevano prestare gratuitamente la loro opera, con la possibilita' tuttavia di ripetere dalla parte condannata alle spese o anche dalla stessa ammessa al gratuito patrocinio le stesse, "qualora per vittoria di causa o altre circostanze venisse a cessare in essa lo stato di poverta'". Nella sostanza si parla sempre di un'anticipazione dello Stato per talune spese, un esonero per taluni diritti, mentre si tratta di un onere di difesa che grava su tutte le altre parti interessate alla causa fra cui anche avvocati, notai e periti. Come afferma l'art. 16 "sotto il nome di poverta' non si intende la nullatenenza, ma uno stato in cui il ricorrente non sia in grado di sopperire alle spese della lite". Sia pur espressa in termini strettamente civilistici, si dichiara la volonta' di permettere a tutti di adire le vie legali e far valere le proprie ragioni. Una condizione prevista appositamente dall'art. 34 e' il fumus di ragione che la parte deve avere, al fine di ottenere il patrocinio e continuare nell'azione, ove si afferma che "l'assunto della parte" deve apparire "fondato in ragione". Presupposto di fondo dell'ammissione e' che la parte abbia pertanto ragione, tant'e' che lo Stato stesso incamerera' quanto ottenuto dalla condanna alle spese della parte avversa e lo stesso ammesso al patrocinio, "in condizioni di poter restituire le spese erogate", "sara' in dovere di adempiere a tale rivalsa". Lo Stato pertanto appare voler solo consentire l'adizione della giustizia senza rinunciare alla sua pretesa di rimborso per quanto anticipato. Ne e' conferma l'art. 36 che prevede una procedura di annotazione a debito per procedere successivamente al recupero delle spese e l'art. 37 che prevede espressamente il recupero in danno dell'ammesso al gratuito patrocinio "per tutte le tasse ed i diritti ripetibili", quando questi "per sentenza o transazione abbia conseguito almeno il sestuplo delle tasse e diritti" e, "quanto alle spese anticipate dall'erario, il povero sara' tenuto a rimborsare in ogni caso con la somma o valore conseguito qualunque esso sia". L'ultimo comma dell'art. 37 precisa poi, parrebbe per tutte le ipotesi, quindi anche quelle di soccombenza, "restano in ogni caso ferme le norme contenute nei commi precedenti per l'esercizio dell'azione di recupero contro il povero". Lo Stato si riserva pertanto di agire civilmente per il recupero contro il "povero" secondo la vigente normativa, attraverso la procedura dell'iscrizione a debito anche degli onorari ed indennita', ivi iscritte a domanda del patrocinante. Questa normativa, se pur era riferita anche al procedimento penale, non poteva in effetti esservi applicata con efficacia. Il principio di difesa obbligatoria era gia' ostacolato dallo stabilire quella probabilita' di vittoria che la normativa sottintendeva per offrire il patrocinio. Prima della legge del 1990, la difesa d'ufficio era per lo piu', solo formale, in quanto affidata ancora come onere all'ordine degli avvocati che nulla ne ricavavano se non prestigio, essendo un obbligo piu' morale che giuridico, quello di difendere con la massima solerzia. In un sistema processuale nuovo, di tipo accusatorio, era necessario adeguare l'istituto a criteri che garantissero l'effettivita' della difesa per i non abbienti. Si e' pertanto tolta ogni discrezionalita' di nomina affidata al pubblico ministero con la determinazione di accordi selettivi fra il consiglio dell'ordine e la magistratura per la nomina del difensore d'ufficio. Da quanto emerge a riguardo dalla relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale in materia, la questione di fondo era assicurare la possibilita' a tutti di una difesa puntuale ed efficace. Per questo motivo e' stata prevista una retribuzione anche per il difensore d'ufficio secondo questo canone di base: "in caso di assoluzione l'ammontare sia posto a carico dello Stato, se l'imputato si trova nelle condizioni per essere ammesso al patrocinio dei non abbienti; che in caso di condanna sia posto a carico del condannato; che, se l'obbligato non adempie, l'ammontare degli importi stabilito dal giudice costituisce onere deducibile dal reddito professionale" (Relazione al progetto preliminare al c.p.p., 45). Esaminando la relazione al nuovo codice, si possono reperire alcuni punti fermi cui si trova vincolata la normativa relativa al difensore. L'istituto della difesa d'ufficio e' basato su criteri di effettivita'; pertanto anche la difesa d'ufficio deve essere retribuita. I singoli ordini forensi sono impegnati ad esercitare istituzionalmente la tutela della funzione difensiva. Pertanto non si tratta soltanto di un onere, ma di un dovere dell'ordine forense. Il patrocinio dei non abbienti e' "un istituto assunto a connotato specifico del diritto di azione e di difesa dell'art. 24, terzo comma, della Costituzione" e deve essere particolarmente garantito. Dal tenore della relazione appare evidente che il patrocinio dei non abbienti e' inteso nel senso di consentire una difesa che sia in linea con le esigenze del nuovo processo di parti, della sua dinamica e dei corrispondenti nuovi contenuti della funzione difensiva. Lo Stato, con la normativa specifica, intende consentire pari mezzi e opportunita' a tutti coloro che debbano rispondere penalmente, pertanto l'ammesso al gratuito patrocinio potra' nominarsi il difensore fiduciario. Tuttavia occorre osservare che, nella relazione, dopo aver demandato ad una norma di attuazione la determinazione degli onorari e spese della difesa d'ufficio, testalmente, come gia' ricordato, si distingue il caso di assoluzione da quello di condanna. Solo per la prima ipotesi si afferma "siano posti a carico dello Stato, se l'imputato si trova nella condizione di essere ammesso al patrocinio dei non abbienti, mentre nel caso di condanna non appare l'inciso "se ammesso al patrocinio dei non abbienti", ma si ribadisce solo che le spese e onorari "siano posti a carico del condannato". Si puo' inoltre osservare che non si utilizza mai in materia la parola "gratuito" ma solo "patrocinio dei non abbienti". Da queste affermazioni non apparirebbe modificato, per quanto riguarda il giudizio penale, quanto gia' stabilito in linea generale dal d.l. n. 3282, circa le motivazioni di fondo del patrocinio dei non abbienti. Lo Stato anticipa le spese per i non abbienti ed assicura un difensore che, in quanto in ogni caso retribuito, sara' puntuale nella difesa. Tuttavia lo Stato intende solo anticipare le spese, conservandosi la possibilita' di richiedere le spese anche a colui che e' stato ammesso al gratuito patrocinio nel caso di condanna, secondo i principi generali vigenti in materia. Tale linea non appare in contrasto col diritto di difesa, inteso nel senso di offrire pari opportunita' ed efficacia di difesa anche ai non abbienti in quanto si assicura la difesa per tutte le fasi del giudizio, lasciando poi ad altra sede idonea, secondo il procedimento civile di recupero dei crediti, la possibilita' di richiedere al condannato il rimborso di quanto anticipato. Come ricorda la Cassazione nella sentenza 23 giugno 1976, n. 10722 "il diritto di difesa dell'imputato e' garantito dalla nomina, anche d'ufficio o a seguito di ammissione al gratuito patrocinio, di un difensore e dalla sua partecipazione, nei modi e termini di legge allo svolgimento delle attivita' processuali". Pertanto non e' esatto ritenere che "la Costituzione affermi il rigoroso principio della gratuita' della difesa penale", mentre e' vero che "tutela la possibilita' di agire e difendersi in giudizio" per i non abbienti a mezzo di appositi istituti, infatti le disposizioni "rispettano i diritti dei non abbienti con la parola della prenotazione a debito .. per gli imputati ammessi al gratuito patrocinio" (Cass. 18 maggio 1957, n. 4). Analoga decisione e' stata emessa di recente dalla Cassazione (sent. 6071 del 4 giugno 1991) che ha affermato come l'art. 24 della Costituzione "garantisce a tutti la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ma assicura, soltanto ai non abbienti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione". Pertanto, il patrocinio a spese dello Stato assicura la non onerosita' di tutta la difesa nel corso di tutti i gradi del procedimento attraverso le forme stabilite dall'art. 4 della legge n. 217 del 1990: annotazione a debito; rilascio gratuito di copie, anticipazione delle spese di difesa; esenzione dall'imposta di bollo. Gli effetti del beneficio decadono in caso di nomina fiduciaria di un secondo difensore e, nel corso del procedimento, ai sensi dell'art. 10, in caso di revoca o modifica. Queste ultime possono esser richieste dall'Intendenza fino a cinque anni dopo la definizione del procedimento. A questo punto occorre stabilire se lo Stato, con l'attuale procedura del patrocinio, abbia inteso rinunciare, in ogni caso, al recupero delle spese e se in tal senso vada inteso l'art. 24, terzo comma, della Costituzione o se sia tuttora in vigore la distinzione fra sentenza di condanna e di proscioglimento regolata dagli artt. 479 e 488 del c.p.p. abrog. e dagli artt. 533 e 530 del nuovo c.p.p. Il codice stabilisce che il recupero delle spese anticipate dallo Stato si attua con le forme stabilite dalle leggi e regolamenti (art. 181 delle disp. attuaz. del c.p.p.). Compete al cancelliere formare la parcella o nota spese. E' sempre stata affermata la natura giuridica civilistica della parcella e la giurisprudenza ha sottolineato, inoltre, che tutte le vicende volte al recupero delle somme iscritte nel registro delle spese di giustizia costituiscono elementi di un procedimento a volte di carattere amministrativo, a volte di carattere giurisdizionale-civile, mai penale (Cass. 15 giugno 1983, in Cass. pen. 84, 1691). Il regolamento in materia di patrocinio gratuito (d.m. 3 novembre 1990, n. 327) stabilisce le procedure "per il pagamento delle somme dovute ai soggetti indicati all'art. 12, primo comma, e per il recupero delle medesime e delle spese di cui al precedente art. 4, nei casi in cui e' previsto". Quest'ultimo inciso parrebbe far riferimento a quelle leggi e regolamenti preesistenti fra cui sono da ricomprendere le distinzioni fra sentenze di condanna e di proscioglimento. Tuttavia, la mancanza di un esplicito richiamo nella nuova normativa sul gratuito patrocinio, che non ribadisce la suddetta distinzione, da' adito a fraintendimenti. Ne deriva la possibile lesione del principio di uguaglianza fra cittadini nel caso di equiparazione di colui che e' stato riconosciuto innocente a colui che invece e' stato riconosciuto colpevole, qualora nei confronti di quest'ultimo fosse negata la possibilita' per lo Stato di recuperare quanto speso durante il giudizio in forza del concesso gratuito patrocinio. Parimenti si avrebbe una disparita' di trattamento anche fra condannati per lo stesso reato, nel caso di ammissione o no all'istituto solo di taluni di essi. A questo si aggiunge un grave pregiudizio per lo Stato, che deve sostenere non solo l'onere delle spese di giustizia per coloro che vengano riconosciuti innocenti, ma anche per loro che hanno tenuto un comportamento antigiuridico e contrario alle finalita' stesse dello Stato. In caso di gratuito patrocinio concesso, lo Stato non ha mai inteso rinunciare ad esperire l'azione di rivalsa in caso di condanna anche per gli ammessi al patrocinio. Tale interpretazione non appare in contrasto con l'art. 24, terzo comma, della Costituzione in quanto lo Stato si impegna a fornire esclusivamente la gratuita' dei mezzi per consentire a tutti di dimostrare la propria innocenza. Nell'ipotesi di interpretazione nel senso che lo Stato si impegna a garantire la gratuita' anche nel caso di condanna vi sarebbe una violazione della norma per ultra attivita' della stessa. Pertanto la normativa sul gratuito patrocinio di cui alla legge n. 217/1990 e Regolamento successivo sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto andrebbe al di la' della previsione costituzionale dei diritti dei cittadini, creando una disparita' nei diritti di difesa dei singoli, essendo garantita al non abbiente ammesso e condannato la gratuita' non solo della difesa, ma anche delle conseguenze patrimoniali derivanti dalla sua attivita' constatata illecita. L'art. 1 del regolamento, anche per la legge n. 217/1990, demanda alle disposizioni del regio decreto 23 dicembre 1865, n. 2701, per i procedimenti penali e n. 2700, per quelli civili. L'art. 3 e' suddiviso in tre commi. Il primo afferma che "il recupero delle somme prenotate a debito, nei casi in cui sia previsto, ha luogo nei modi stabiliti dalla vigente normativa in materia di esazione dei crediti iscritti a campione penale e civile". Gli altri due commi riguardano la cessazione degli effetti dell'ammissione (comma secondo e la modifica del provvedimento di ammissione comma terzo). Sembra chiara la distinzione di tre diverse ipotesi di recupero, fra cui la prima segue le regole normative, da sempre in vigore, circa il recupero in caso di condanna. Le altre due appaiono distinte, in quanto possono riguardare anche soggetti successivamente assolti, poiche' intervengono in corso di causa. Gli effetti della revoca e della modifica del gratuito patrocinio, pertanto, a differenza della normale procedura di recupero, potranno anche essere in danno di coloro che siano successivamente assolti. Costoro dovranno retribuire il difensore di fiducia o d'ufficio nominato, secondo quanto prescrive espressamente l'art. 8 e potranno essere condannati alle spese, se rienuti colpevoli. La disciplina del gratuito patrocinio inerisce a norme che sono rilevanti in sede di incidente di esecuzione perche' proprio in tale sede, dopo l'ammissione durante il procedimento di merito, si deve stabilire se e' legittimo richiedere il pagamento delle spese essendovi stata, come nel caso di specie, sentenza di condanna. Qualora si dovesse ritenere che, anche nel caso di condanna l'Erario debba pagare le spese, sarebbe violato non solo l'art. 3 come gia' precisato, ma anche l'art. 24, terzo comma, in quanto la normativa costituzionale vuole assicurare i mezzi della difesa e non anche il risultato positivo. Lo Stato infatti verrebbe sopportare un indebito esborso per le attivita' antigiuridiche dei cittadini. Poiche' la mancata chiarezza della nuova normativa, fa ritenere possibile, da parte del Giudice, l'interpretazione che qui si contesta in base alla lettura sistematica della norma, appare pertanto pregiudiziale alla decisione sull'incidente di esecuzione stabilire che la lettura della nuova normativa e' in questi limiti, per non violare il principio di uguaglianza ed il diritto di difesa, andando al di la' di quanto la Costituzione garantisce con grave pregiudizio per lo Stato costretto ad un esborso indebito in caso di condanna dell'imputato a causa di un fraintendimento del concetto di diritto di difesa e di uguaglianza. La legge n. 217 del 1990 che titola "istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti", se intesa nel senso che la legge, tranne i casi di revoca o modifica del provvedimento, abbia voluto accollare sempre allo Stato spese e patrocinio per i non abbienti, verrebbe a ledere il principio di uguaglianza per ultra attivita' del principio stesso, in tal modo riproponendo un'ineguaglianza fra istituzioni simili. Infatti il condannato non ammesso al gratuito patrocinio subirebbe un trattamento piu' gravoso e diverso rispetto al condannato, sempre per lo stesso reato, ma ammesso al gratuito patrocinio. Si avrebbe in definitiva una disparita' acquisita attraverso l'ammissione all'istituto, specie sul piano patrimoniale. Il diritto di difesa di cui all'art. 24, terzo comma, della Costituzione si deve intendere come possibilita' di "agire e difendersi" nel corso del procedimento, ma non anche di essere esonerati in ogni caso da rimborsi successivi allo Stato o richieste in sede civile per gli ammessi ad usufruire dell'Istituto, in ossequio al principio dell'effettivita' del diritto di difesa. In caso di condanna la procedura dovra' pertanto essere di recupero dalle spese anche nei confronti del non abbiente dichiarato tale; successivamente le condizioni di insolvibilita' verranno accertate in sede di appuramento della partita di campione penale. Pertanto appare pregiudiziale alla decisione sull'incidente proposto stabilire se la nuova normativa sul gratuito patrocinio abbia inteso affermare che il non abbiente ammesso al patrocinio gratuito successivamente condannato non e' tenuto a rimborsare lo Stato, sia per le spese di giustizia, sia per il patrocinio difensivo. Nel caso di risposta affermativa appare evidente l'illegittimita' costituzionale della nuova normativa sul gratuito patrocinio la' dove non prevede espressamente la possibilita' di richiesta delle spese in caso di condanna, in quanto violerebbe gli artt. 3 e 34 (3$) della Costituzione per disparita' di trattamento fra imputati dichiarati innocenti e colpevoli, e fra gli stessi condannati per il medesimo fatto di reato. Anche l'art. 24 sarebbe violato in quanto la normativa in tal caso prevederebbe per i non abbienti, non solo la dazione dei mezzi per difendersi, ma anche un indebito vantaggio dipendente da una attivita' criminosa accertata e dichiarata tale dallo Stato stesso. Pertanto si ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge n. 217 del 30 luglio 1990 e regolamentato d.m. 3 novembre 1990, n. 327, in relazione agli artt. 533 e 535 del c.p.p., 619 e 693 del c.p.p. per contrasto con gli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione in quanto appare una disparita' di trattamento fra imputati in quanto coloro che, attivata la procedura del gratuito patrocinio, sono poi dichiarati colpevoli, avrebbero un trattamento migliore rispetto a chi senza aver attivato tale procedura del patrocinio sia dichiarato colpevole o innocente. L'accollo delle spese allo Stato, per una distorta applicazione del diritto di difesa offerto ai non abbienti, sarebbe indiscriminatamente concesso, infatti, anche a coloro per i quali la pretesa punitiva dello Stato e' stata dichiarata sussistente.